| I Fori Imperiali Foro di Nerva
 
  Lo scavo del Foro
        di Nerva, condotto dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma e considerato
        il primo grande intervento archeologico nellarea centrale della città dal
        dopoguerra ad oggi, si è concluso nel 1996, dopo aver conseguito eclatanti risultati dal
        punto di vista scientifico e un enorme interesse tra il pubblico di visitatori, italiani e
        stranieri che hanno potuto visitare larea di cantiere durante le visite guidate
        curate dalla Sovraintendenza. Viene offerto agli utenti di
        questo sito Internet un ampio excursus dei recenti ritrovamenti nel Foro di Nerva, il
        primo intervento per la costituzione del Parco archeologico dei Fori Imperiali.  Con orgoglio possiamo oggi
        affermare di aver portato in luce nell'area archeologica centrale una importantissima
        successione di fasi storiche della vita di Roma, stratificatesi ininterrottamente dal II
        sec. a.C. sino al 1930 e perfettamente visibili e comprensibili all'interno del Foro di
        Nerva, dove oggi le cantine degli antichi edifici rasati al suolo durante  i lavori
        di apertura di via dell'Impero, custodiscono al loro interno murature di età precedenti
        inglobate in quelle moderne e, in veste di naturale antiquarium del Foro, conservano in
        attualissme teche alcuni dei ritrovamenti più significativi di tutte le fasi riscoperte.
 La suggestione immediata di
        questo primo tratto di un ben più ampio e affascinante percorso della memoria verso il
        futuro, che è rappresentato nellimmediato dallormai prossimo anno 2000, è
        indubbiamente per gran parte costituita dalla stretta analogia spesso riscontrata tra le
        fonti storiche, particolarmente prodighe di notizie concernenti larea dei Fori
        Imperiali , ed i ritrovamenti nel Foro di Nerva.  Un primo esempio notevolissimo di
        corretta interpretazione attraverso i dati archeologici di proposizioni trasmesse dagli
        storici antichi, si è potuto evidenziare nellarea meridionale del Foro, al confine
        con il Foro Romano. Voluto da Domiziano e dedicato poi da Nerva, ma noto dalla tarda antichità come Foro
        Transitorio, il Foro di Nerva sorse sul sito dellArgiletum, lantico quartiere
        di età repubblicana diviso in due settori dallomonima strada, che fin dalla prima
        età repubblicana congiungeva il Foro Romano con la Subura, da sempre il più popoloso e
        popolare quartiere di Roma.
 Un intervento archeologico
        effettuato nel corso del 1995 nellarea tra la Curia, la basilica Emilia ed il lato
        meridionale del Foro di Nerva, aveva già evidenziato una serie di dati importanti
        relativamente allorganizzazione del quartiere.In quelloccasione, infatti, furono rinvenuti due ampi tratti di pavimentazione a
        lastre di peperino databili al III secolo a.C., ma con evidenti restauri di età augustea,
        riferiti al Macellum, il grande mercato della Roma repubblicana i cui edifici commerciali
        dovevano essere però concentrati soprattutto nellarea posta sulla destra della
        strada, in seguito occupata dal Templum Pacis, il Foro voluto dallimperatore
        Vespasiano tra il 71 e il 75.
 Lungo il settore sinistro, invece, le fonti storiche avevano sempre definito
        lesistenza di un quartiere con spiccata caratteristica residenziale composita,
        costruito infatti soprattutto da ricche Domus appartenenti a potenti personaggi
        dellaristocrazia senatoria, ma anche con caseggiati di affitto.
 E' certamente suggestivo ritenere
        di poter identificare proprio con le case ricordate dalle fonti alcuni dei ritrovamenti
        rinvenuti durante lo scavo nei livelli relativi a tale periodo, che pur essendo di enorme
        interesse si sono potuti però raggiungere per ora solamente in tre settori del Foro di
        Nerva. In particolare nei siti sinora
        indagati sono state individuate strutture ipogee cui si accedeva per mezzo di scale, delle
        quali una è ancora in situ, sempre articolate in corridoi con muri in opera incerta e
        pavimentazione in opus spicatum, lungo i quali si aprivano una serie di piccoli
        ambienti, alcuni con pavimentazione a mosaico.Sia la tipologia dellimpianto sia la presenza di lucernari , cancellate in ferro con
        chiusura per le porte e di nicchiette nelle pareti per linserimento di giacigli
        lignei hanno portato allidentificazione degli ambienti con resti di Ergastula,
        i microscopici alloggi costituiti da una sorta di cellette chiuse a grate, nei quali
        venivano alloggiati gli schiavi impiegati per il funzionamento delle ricche domus.
 Uno degli ergastula è stato completamente scavato in modo tale da fornire
        unesemplificazione a tutto tondo della realizzazione e della successione degli
        ambienti inseriti nel complesso edilizio.
 Ad un primo esame,le strutture
        sembrano appartenere a due fasi cronologiche diverse: la più antica databile agli ultimi
        anni del II secolo a.C., in base allo stile dei mosaici pavimentali, mentre la successiva
        sarebbe da inquadrare nella prima metà del I secolo a.C.La tipologia stessa dei mosaici ha suggerito che nella prima fase ledificio
        rinvenuto deve essere ricondotto ad una diversa organizzazione dellimpianto. Un
        primo pannello, infatti, di forma quadrata rappresenta ben evidenziata una figura maschile
        itifallica in atto di nuotare, affiancata ad un grande animale marino, una raffigurazione
        ibrida tra un delfino e una balena. Di buona fattura e con evidenti rappezzamenti in età
        antica, il mosaico conserva inserti marmorei colorati, mentre il secondo tappeto musivo in
        bianco e nero, di forma rettangolare, presenta la tipica raffigurazione di mura civiche.
 Infine sono stati rinvenuti
        cospicui frammenti di pannelli a mosaico con motivi geometrici e vegetali, nonché una
        serie di tombini per il deflusso dellacqua, che hanno suggerito linquadramento
        delledificio nella prima fase di vita ad una complessa scansione di spazi,
        comprendenti forse anche un piccolo edificio termale.Non si è neppure esclusa lipotesi che almeno una serie di tali sotterranei potesse
        aver fatto parte del Macellum, con gli ambienti ipogei comunque destinati agli
        schiavi pubblici, impiegati di giorno nella vendita al mercato.
 E noto che il progressivo
        processo di trasformazione del settore meridionale dellArgiletum portò alla
        sostituzione delle case e delle strutture commerciali con una serie di grandi complessi a
        carattere pubblico, culminati con la costruzione dei Fori di Cesare e Augusto.Tuttavia ancora una volta le fonti storiche, prima ancora del supporto della
        documentazione archeologica, sono concordi nel ricordare che dopo lincendio del 64
        d.C. si giunse ad un preciso piano di riorganizzazione generale dellarea occupata in
        origine dallArgiletum, predisponendo il sito verso un nuovo ed esteso progetto
        urbanistico, che i nuovi dati acquisiti dopo lo scavo attribuiscono allo stesso Nerone,
        novello architetto della nuova città, come ci hanno tramandato i racconti di Tacito,
        Suetonio e Cassio Dione.
 In passato l'esistenza di un
        tempio dedicato a Giano era stata conclamata dopo la scopera di un segmento di fondazione
        posta lungo il lato breve del Foro, esattamente al confine con il Foro Romano.Levidenza archeologica ha invece indotto a ritenere che le enormi fondazioni delle
        quali oggi si è rimesso in luce lintero perimetro, siano da attribuirsi ad una
        prima fase progettuale del Tempio di Minerva, erroneamente ipotizzato da Rabirio,
        larchitetto di Domiziano, proprio al confine con la Basilica Emilia.
 In tale posizione il tempio avrebbe ostruito gran parte dello spazio della piazza forense,
        ma soprattutto avrebbe negato la possibilità di privilegiare lasse longitudinale
        Foro Romano-Subura, che invece avrebbe consentito di configurare il Foro domizianeo come
        lunico accessibile da tutti gli altri già esistenti. Infatti, una volta obliterate
        le fondazioni della prima fase templare con la sovrapposizione della pavimentazione della
        piazza e attraverso la costruzione del Tempio sul lato settentrionale, dove ancora è
        visibile il podio, Domiziano poté realizzare una perfetta centralizzazione sul suo Foro
        di quelli di Cesare, Augusto e di Vespasiano, nonché dei monumenti ad essi pertinenti.
 E suggestivo ritenere che il Tempio di Giano possa invece trovarsi al centro del
        Foro, sotto lattuale via dei Fori Imperiali, ideologicamente al centro del nuovo
        ordinamento politico e urbanistico realizzato da Domiziano.
 In seguito diverse vicende
        storiche hanno visto larea forense alternativamente al centro di importanti
        insediamenti altomedioevali o campagna malsana e paludosa.Durante lo scavo non sono stati rinvenuti strati di crollo o di abbandono riferibili al VI
        e al VII sec. d.C., i cosiddetti "secoli bui" visti sempre in chiave di
        decadenza, mentre sono stati rimessi in luce resti di un grande edificio porticato eretto
        direttamente sul livello della piazza antica e costruito con materiali di reimpiego,
        datato alla fine dell'VIII sec. d.C. (16-17-18).
 Resti di altre strutture
        edifiacte con la stessa tecnica rimangono anche sul lato opposto, delimitando in tal modo
        una strada che in epoca tarda prese il nome di Fundicus Macellorum de' Archanoè
        (19-20-21). Si tratta di preziose testimonianze relative ad un momento di grande impegno
        edilizio e se la scarsità di conoscenze sull'edilizia civile dell'epoca rende difficile
        lo studio dei ritrovamenti, appare comunque indiscutibile l'intento di monumentalizzare
        l'area con edifici di prestigio. L'età carolingia, testimoniata a
        Roma per l'edilizia civile esclusivamente dai ritrovamenti nel Foro di Nerva, sembra
        delinearsi anche nell'area dei Fori Imperiali come il momento in cui si perde l'assetto
        urbanistico ereditato dalla città antica e si tracciano le linee attorno alle quali si
        articolerà la città medioevale. In seguito, un'altra sistemazione
        urbana mutò definitivamente l'aspetto del quartiere: durante il pontificato di Pio V, tra
        il 1566 e il 1572, il Cardinale Bonelli fece bonificare la zona divenuta malsana a causa
        delle continue fuoriuscite della cloaca massima con la costruzione di un sistema fognario
        di grande solidità.La grandiosità dell'intervento è tuttoggi testimoniata da due impotranti costruzioni: il
        grande acquedotto posto al centro della via della Croce Bianca, denominazione moderna del Fundicus
        Macellorum de Archanoè, che a sua volta ricopriva il percorso dell'antico Argiletum,
        e il grande "Chiavicone", che fu realizzato scavando nell'area del Foro di Nerva
        dal settore meridionale verso quello settentrionale.
 Il grande condotto fognario
        seguiva un percorso parallelo a quello dell'Argiletum ma ad una quota più alta e
        utilizzava in gran parte materiali di recupero provenienti dagli edifici del Foro. Dalla magnificenza della
        costruzione e dalla portata dacqua che poteva contenere non è difficile immaginare
        di quale imponenza fosse il complesso fognario nel suo insieme, tuttavia limportanza
        del ritrovamento è anche di diversa natura.Infatti, la strategica posizione del Chiavicone ha consentito, a scavo ultimato, di
        restituire sia pure al di sotto della via dei Fori Imperiali, lunitarietà del
        tessuto urbanistico delle piazze imperiali che la costruzione di via dellImpero
        aveva definitivamente sconvolto ed ha segnato un momento di grande rilievo anche in
        relazione alla sistemazione definitiva dellarea che dal Foro Romano giunge sino alle
        aree forensi imperiali.
 Il grande condotto fognario, infatti, una volta svuotato dai detriti che lo rendevano
        impraticabile, costituisce oggi lunico percorso che alla quota antica congiunge non
        solo i due settori del Foro di Nerva, letteralmente sezionati dalla viabilità moderna, ma
        consente anche ai visitatori che attualmente entrano nel Foro Romano dallArco di
        Tito di raggiungere, seguendo il percorso della via Sacra, il Foro ormai completamente
        rimesso in luce ed infine, grazie al Chiavicone perfettamente adattato e sistemato, di
        entrare anche nelle altre piazze forensi senza soluzione di continuità.
 Al termine della realizzazione
        del Progetto Fori Imperiali in corso attualmente, saranno finalmente rimesse in luce tutte
        le aree forensi e dal Colosseo sino a Piazza Venezia, tra il Foro Romano e i Fori
        Imperiali, si verrà a costituire un Parco archeologico unico al mondo, sul quale potrà
        continuare a vivere anche la via dei Fori Imperiali, elemento urbanistico ormai
        storicizzato, che contribuirà come passaggio sopraelevato a sottolineare il fascino della
        ritrovata unitarietà del sito antico. Il tempio sul fondo del Foro, dedicato a Minerva
        (divinità protettrice di Domiziano), sopravvisse in buono stato di conservazione fino al
        1606, quando venne fatto demolire dal Papa V per utilizzare i suoi materiali per la
        costruzione della Fontana dellAcqua Paola sul Gianicolo. I recentissimi scavi del
        1995-96 hanno mostrato che il Foro si impiantò in una zona precedentemente occupata da
        edilizia residenziale, andata completamente distrutta nel terribile incendio del 64 a.C.,
        e che la sua sistemazione definitiva venne preceduta da almeno altre tre fasi di
        monumentalizzazione, probabilmente mai portate a termine, lultima delle quali
        prevedeva la costruzione di un grande tempio sul lato verso il Foro Romano, opposto quindi
        a quello che venne poi costruito. 
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