Microsoft Italia .

ROMACapitolium.org

Fori Imperiali
 

:
I Fori Imperiali
Foro della Pace

71 a.C. – Vespasiano fa costruire il Foro;
75 d.C. – Dedica del Foro;
192 d.C. – Incendio devastante sotto l’imperatore Commodo;
205-208 d.C. – Anni della realizzazione della Forma Urbis;
208-211 d.C. – Settimio Severo restaura il Foro e vi fa esporre la Forma Urbis Romae;
V sec. D.C. – Nuovo incendio e abbandono del Foro;
526-530 – L’angolo meridionale del Foro è trasformato nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano;
1903: in Campidoglio si espone per la prima volta la Forma Urbis su uno schema grafico di R. Lanciani.

Il complesso dei Fori Imperiali era idealmente chiuso verso sud-est dal Foro della Pace, dedicato da Vespasiano e destinato inizialmente a contenere il bottino proveniente dalle guerre giudaiche, nonché alcuni capolavori dell’arte greca.
Il fatto di non essere menzionato tra gli edifici con funzioni eminentemente civili ha spesso indotto a ritenere il complesso monumentale non proprio un Foro, cosicchè fino al tardo Impero venne più semplicemente definito Templum Pacis.
Sul fondo del Foro, infatti, si apriva un tempio che si estendeva sino alla collina della Velia, distrutta negli anni Trenta per costruire la Via dell’Impero e sulla quale era stata eretta nel IV secolo la Basilica si Massenzio.
Il tempio era costituito da una grande aula absidata, che si apriva come un’esedra sul fondo del portico; nella sua abside era conservata la statua di culto.
Una fila di colonne distingueva il portico dal tempio e un grande frammento in marmo africano di una di esse è ancora visibile nell’aiuola davanti all’attuale ingresso del Foro Romano.
Infine, nel 211 d.C. venne collocata in una delle grandi esedre del portico una mappa topografica di Roma incisa nel marmo. All’interno del Foro era conservata anche una Biblioteca, la cui planimetria ricorda quella di Adriano ad Atene, dove erano collocate numerosissime opere d’arte, tra le quali Plinio il Vecchio ricorda quelle trafugate da Nerone per la Domus Aurea, provenienti dalla Grecia e dall’Asia Minore e che Vespasiano aveva invece restituito alla godibilità dei cittadini.

Funzioni
Lo schema costruttivo del Foro e il suo carattere quasi di ‘museo’ hanno indotto inevitabilmente a ritenere che fosse utilizzato soprattutto come una raffinatissima sede di rappresentanza, cosa che accadde poco tempo dopo per il Foro di Traiano, con una ben precisa connotazione culturale.
Altre analogie notevoli con il Foro di Traiano , l’impostazione della piazza absidata sul fondo del Portico e la statua di culto posta proprio nell’abside, suggeriscono che alla base del progetto di Vespasiano vi fosse una anticipazione del definitivo mutamento dell’edilizia nei Fori, destinati con Traiano ad affermare l’immagine del potere assoluto dell’imperatore. La presenza poi della Biblioteca collegata al tempio ricorda il sistema dei Principia, piazze forensi all’interno degli accampamenti militari, nei quali, però, le biblioteche erano destinate a contenere gli atti dei magistrati.
Non si può dunque escludere la funzione civile del Foro, rimandando agli ulteriori interventi di scavo archeologico il compito di chiarire la complessa interpretazione dei dati finora emersi.

Contesto storico
Il tema proposto da Vespasiano nel suo Foro, quello della pacificazione scaturita dalle vittorie belliche, pur non discostandosi da quello di Augusto e Nerva, trova la sua più alta espressione proprio nel Foro della Pace, dove la Pax è il simbolo stesso del complesso monumentale.
Naturalmente la decorazione architettonica e l’intero programma figurativo del Foro non potevano che essere legati al concetto della pacificazione universale, come stanno a dimostrare le prede delle guerre giudaiche, esposte alla cittadinanza quale segno evidente di una conquista ormai avvenuta ma anche come testimonianza di un pronto desiderio di continuare nella pace tra i due popoli.
Le stesse opere d’arte che Nerone aveva tenuto per sé tornavano con Vespasiano alla cittadinanza, in segno di pace interna e nel contempo come invito a godere con l’Imperatore della grandezza dell’arte greca attraverso l’apprezzamento di capolavori quali i gruppi dei Galati, provenienti da Pergamo, il Ganimede di Leochares, statue di Fidia e di Policleto , dipinti di Nicomaco.

Forma Urbis Severiana
Il nucleo più imponente dei resti del Foro è tuttora nell’angolo meridionale del sito, addossato alla Basilica di Massenzio.
E’ stato preservato dalla distruzione perché venne inglobato dalla costruzione della chiesa dei Santi Cosma e Damiano; sono ancora leggibili tracce delle due aule alla destra del Tempio; della prima resta la parete sud-occidentale alta circa 18 metri, sulla quale si scorge ancora una serie di fori disposti regolarmente che sostenevano le lastre marmoree con incisa la mappa di Roma, versione monumentale di documenti catastali del tempo depositati negli archivi della Prefettura, collocata nel Foro da Settimio Severo nel 211.
I frammenti delle lastre , in tutto 151 divise per 11 filari, sono stati rinvenuti a partire dal 1562 e attualmente sono conservati al Museo della Civiltà Romana in attesa di essere definitivamente ricomposti in una sede più appropriata.
Nonostante si sia conservata in minima parte, la Forma Urbis costituisce il documento più importante per la conoscenza della topografia dell’antica Roma.

Il Foro che non c’è
Il settore più conservato del Foro è oggi inglobato in due monumenti: la Torre dei Conti – posta all’inizio di via Cavour, al di sotto della quale è ancora visibile la struttura in opera quadrata di una delle esedre del portico – e la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, edificata tra il 526 e il 530, sull’angolo meridionale del Foro all’interno dell’aula retrostante il muro della Forma Urbis.
Il sito era forse costituito da due ambienti: l’uno, quello retrostante la parete con la Forma Urbis, identificato con la Biblioteca, come dimostrano le nicchie scavate nelle pareti per ospitare armadi per libri, esattamente come nella Biblioteca del Foro di Traiano; l’altro in origine absidato, che si appoggiò al cosiddetto Tempio di Romolo nel Foro Romano, del quale ancora si può ammirare la parete esterna della porta di accesso in blocchi di peperino e travertino.
Il destino del Foro della Pace richiama inevitabilmente alla mente la legge del contrappasso dantesco: infatti, al momento della costruzione, il complesso forense determinò la distruzione o l’inglobamento di vecchie memorie repubblicane, come il Foro Piscario e il Macellum, grandioso mercato della Subura, mentre oggi a differenza degli altri Fori, dei quali si può ammirare almeno una modesta porzione, Il Foro della Pace è decisamente sopraffatto da costruzioni posteriori.


> Foro di Augusto

> Foro di Cesare

> Foro di Nerva

> Foro di Traiano

> Mercati di Traiano


> Presentazione dell'operazione

> Metodologie di recupero

> News dal cantiere dei Fori

> Lo staff impegnato nel recupero

 

 

 

 

 

L'era degli Imperatori

right.gif (72 byte) Il recupero dei Fori
menub1.gif (1074 byte)
Visita virtuale
Ludi
 

piantina


 

gotop.gif (272 byte)

rigasx.gif (236 byte)

Comune di Roma Canon

 


© Copyright 1999 - All Rights Reserved - Design Fabbi Studio